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Rassegna stampa

Rassegna stampa #117

Sonno, benessere e life skills: un equilibrio difficile per gli studenti-atleti universitari

Gli anni universitari, specialmente per gli studenti-atleti, possono rappresentare un periodo di transizione complesso, con importanti trasformazioni nelle routine e negli spazi quotidiani. Questi cambiamenti possono mettere in scena sfide uniche per i ragazzi, i quali devono bilanciare studio, allenamenti e vita sociale. Tutto ciò potrebbe sottoporre i giovani universitari a stress psicologico e fisico, con potenziali ripercussioni sulla salute mentale, sulla qualità del sonno e in generale sulle cosiddette “life skills”, ovvero le competenze che consentono di affrontare efficacemente i vari problemi ed esigenze nella vita quotidiana. 

Uno studio giapponese ha esplorato la relazione tra questi fattori, con un focus specifico sulle differenze di genere, coinvolgendo un campione di 153 atleti universitari, che risiedevano per lo più in dormitori riservati ai soci dei club sportivi. I risultati hanno mostrato un ruolo cruciale del sonno nel supportare l’acquisizione delle life skills e nel bilanciare armoniosamente vita accademica e sportiva. Questo dato, in particolare, è emerso nelle ragazze, per le quali una scarsa qualità del sonno tendeva ad associarsi a minori livelli di impegno, responsabilità e cortesia verso gli altri, pur riportando una percezione soggettiva di soddisfazione di vita relativamente elevata. Un altro dato emerso per entrambi i generi riguarda il fatto che tempi di allenamento più prolungati fossero correlati ad una migliore qualità del sonno. 

Alla luce dei risultati e della letteratura, gli autori sottolineano la necessità di educare gli studenti all’importanza di un adeguato riposo notturno, cruciale non solo per le performance sportive ma anche per quelle accademiche e per conciliare efficacemente le sfide quotidiane. Pertanto, appare fondamentale fornire specifiche strategie e abilità di gestione del sonno in modo autonomo, al fine di sostenere il benessere psicologico dei ragazzi e lo sviluppo delle competenze necessarie per affrontare le dinamiche della quotidianità. 

Chen, Y., Iwao,K., Shimamoto, H. (2025). The relationship between subjective sleep, mental health, and life skills acquisition among university student-athletes: A study on gender differences, Asian Journal of Sport and Exercise Psychology, 5(2), 81-87.https://doi.org/10.1016/j.ajsep.2025.08.001

ADHD su TikTok e confini diagnostici

TikTok rappresenta per i giovani uno spazio digitale sempre più centrale per condividere esperienze e informazioni relative alla salute mentale. In questo contesto, l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) rappresenta un tema che riscuote particolare popolarità anche tra i non addetti ai lavori, diventando oggetto di distorsioni e disinformazione. Alcuni ricercatori olandesi hanno analizzato come i giovani utenti della piattaforma descrivano il disturbo, esplorando il fenomeno del concept creep, ossia l’ampliamento progressivo dei confini diagnostici con un parallelo schiacciamento verso il basso delle soglie critiche. Lo studio ha esaminato 100 tra i video più popolari di TikTok dedicati all’ADHD, i quali sono stati trascritti e confrontati con i criteri diagnostici del DSM-5-TR. Dalle analisi è emerso che, su 411 caratteristiche attribuite all’ADHD dai giovani utenti, solo il 45% corrispondeva effettivamente ai criteri clinici, mentre oltre la metà risultava imprecisa e circa un quarto completamente errata. Un dato particolarmente rilevante riguarda il fatto che quasi il 60% dei commentatori ha dichiarato di riconoscersi nei comportamenti descritti, evidenziando come contenuti social di questo tipo possano determinare un rischio di autodiagnosi e di “psichiatrizzazione dal basso”, in cui atteggiamenti comuni o problemi lievi vengono reinterpretati come segni di patologia. 

Secondo gli autori, la popolarità di questi video riflette un bisogno reale di comprensione di sé, ma anche una tendenza a espandere il significato dell’ADHD oltre i suoi confini clinici, alimentata dal desiderio di condivisione e di visibilità online. I risultati invitano a promuovere un’alfabetizzazione digitale e psicologica tra i giovani, affinché possano valutare criticamente i contenuti sulla salute mentale senza rinunciare agli spazi di dialogo che i social media offrono. Gli operatori sanitari, da parte loro, dovrebbero essere consapevoli di tali dinamiche, per contrastare la disinformazione e supportare un uso più consapevole delle piattaforme digitali. 

de Vries, W., Batstra,L., & van Assen,A. (2025). Exploring concept creep: Youth’s portrayal of ADHD on TikTok. SSM - Mental Health, 8, 100489.https://doi.org/10.1016/j.ssmmh.2025.100489

La relazione tra personalità e stress tra gli infermieri

Il lavoro infermieristico si caratterizza per costanti condizioni di sovraccarico lavorativo, difficile equilibrio vita-lavoro e complesse dinamiche interpersonali sia con il personale ospedaliero che con i pazienti, esponendo i professionisti a pressioni incessanti e ad una certa vulnerabilità allo stress. In questo contesto, tratti di personalità come il perfezionismo assumono sfumature ambivalenti: da un lato, il perfezionismo adattivo può favorire la qualità delle prestazioni, dall’altro può divenire un fattore di rischio per la salute mentale quando si traduce nella forma disadattiva, connotata da rigidità e autocritica eccessiva. 

Uno studio cinese ha indagato le relazioni tra perfezionismo, dipendenza da lavoro e stress lavorativo, esplorandone le possibili correlazioni all’interno del contesto sanitario. 

L’indagine, che ha coinvolto 3596 infermieri provenienti da 16 province della Cina, ha analizzato i due volti del perfezionismo: i risultati hanno mostrato che sia la forma adattiva che disadattiva, oltre alla dipendenza da lavoro, sono positivamente associate con lo stress lavorativo. Inoltre, è emerso che la dipendenza da lavoro ha in parte mediato la relazione tra perfezionismo disadattivo e stress, suggerendo che la tendenza al superlavoro possa rappresentare un meccanismo attraverso cui i tratti perfezionisti aumentano la pressione psicologica. È stato riscontrato anche un effetto di soppressione nei percorsi del perfezionismo adattivo, a indicare che, in ambiti professionali ad alta pressione, anche le dimensioni più funzionali del perfezionismo possono neutralizzarsi perdendo la propria valenza positiva.

Gli autori sottolineano l’importanza di integrare le procedure di screening per la salute mentale del personale infermieristico con la valutazione dei tratti di personalità e della dipendenza da lavoro. Inoltre, per promuovere ambienti clinici più resilienti, l’implementazione di interventi di supporto standardizzati e mirati può contribuire a ridurre lo stress e a migliorare il benessere mentale nelle équipe infermieristiche. 

Gao, Y., Ye, H., Huang, M., Li, D., Bai, X, & Gan, X. (2025). Relationships among perfectionism, workaholism and job stress in a sample of nurses: A cross-sectional questionnaire survey, Nursing Outlook, 73(6), 102540. https://doi.org/10.1016/j.outlook.2025.102540.

Sintomatologia depressiva e burnout tra le insegnanti

L’insegnamento rappresenta una professione particolarmente a rischio di stress cronico e logoramento emotivo, con conseguenze significative per la salute mentale, quali burnout, ansia e depressione, specialmente per le donne. La complessità del ruolo comporta la gestione simultanea di carichi di lavoro elevati, responsabilità sociali e relazioni interpersonali, che possono tradursi in affaticamento emotivo, distacco e riduzione della soddisfazione professionale. La letteratura sottolinea una distinzione tra burnout, concepito come risposta allo stress lavorativo, e depressione, intesa come condizione costellata da molteplici alterazioni psicofisiologiche, pur evidenziando che i due fenomeni possono esacerbarsi reciprocamente. Per comprendere meglio tali dinamiche psicologiche, uno studio condotto in Ungheria ha indagato le associazioni tra salute mentale e fattori legati al lavoro di 250 insegnanti. 

Lo studio ha distinto tra più tipologie di motivazione lavorativa: intrinseca, cioè legata al piacere e alla gratificazione professionale; estrinseca, ovvero guidata da fattori esterni quali obblighi e riconoscimenti; amotivazione, connotata da una perdita di significato e scopo. I risultati hanno confermato una forte correlazione tra burnout e sintomatologia depressiva, entrambe associate negativamente al benessere, alle motivazioni intrinseche e alla resilienza, e positivamente all’amotivazione e alle motivazioni estrinseche. 

In particolare, cinque fattori sono risultati predittivi dei sintomi depressivi: benessere generale, amotivazione, motivazione sociale estrinseca, coesione familiare e resilienza spirituale. Il burnout, invece, è stato maggiormente spiegato da variabili personali e professionali, come il benessere generale, la motivazione intrinseca e il senso di competenza. Tali risultati suggeriscono che non è solo l’ambiente lavorativo a incidere sul disagio psicologico, ma anche il modo in cui gli insegnanti attribuiscono significato al proprio ruolo e gestiscono le pressioni quotidiane. Secondo gli autori, interventi volti a rafforzare la resilienza, la motivazione intrinseca e una mentalità positiva possono agire come fattori protettivi per la salute mentale degli insegnanti, favorendo contesti educativi più sani, supportivi e motivanti. 

Piko, B. F., Tóthpál-Halasi, O., & Mellor, D. (2025). Depressive symptomatology and burnout among female teachers: An investigation of the contributions of work motivations, resilience and well-being. Journal of Affective Disorders Reports, 21,100979.https://doi.org/10.1016/j.jadr.2025.100979